martedì 31 marzo 2015

Messaggi genitoriali e vulnerabilità del bambino



Fin dalla loro nascita, i bambini  incamerano dati e prendono decisioni sostanziali riguardo alla loro esistenza, alla visione del mondo  e ai modelli fondamentali della personalità. 
Il bambino in tenera età è estremamente vulnerabile rispetto ai messaggi genitoriali, siano questi  verbali o analogici o trasmessi attraverso il modellamento. Per vulnerabilità si intende l’esposizione del bambino all’influenza genitoriale,  e quindi  l’effetto che  i messaggi genitoriali producono sulle sue decisioni di vita.    
Egli avanza  considerando la sicurezza come suo interesse primario.  Di conseguenza, dalla sua posizione di inferiorità rispetto a quella assai più potente degli adulti, reagisce con emozioni ai messaggi che riceve e dopo aver cercato di comprendere nel migliore dei modi per lui possibile la situazione, risponde con delle decisioni che in quel momento rappresentano la migliore strategia di conservazione della sua sicurezza, tralasciando per il momento il piacere e la gratificazione. 
Tali decisioni possono essere restrittive della libertà affettiva ed espressiva del bambino e rappresentare un elemento inibitore del suo sviluppo creativo. 
Tali decisioni, che son state provvidenziali per la nostra sicurezza nell’infanzia, possono permanere, a livello inconsapevole, nella nostra vita adulta, costituendo un vero e proprio copione esistenziale.
Ora esploriamo i 5 fattori che rendono il bambino così vulnerabile nei confronti dei messaggi genitoriali e la cui interazione ha come risultato un quoziente di vulnerabilità diverso per ciascun individuo e in rapporto alle diverse età.



1. Mancanza di potere. Un bambino è relativamente piccolo: per ritornare a questa sensazione che forse da adulti avete dimenticato, provate a sdraiarvi per terra in una stanza dove persone stanno muovendosi. Il soffitto è lontanissimo, le persone sono altissime e sembrano forti e decise….si accorgeranno di voi così piccoli? O vi calpesteranno?

Si è calcolato che l’altezza media di una mamma è circa il triplo dell’altezza del suo bambino di tre mesi, per non pensare al suo peso! Quanto è più grande e più forte di lui!

Non serve a un genitore arrabbiarsi più di tanto per fare paura a un bambino in tenera età! E più il bambino sarà piccolo a fronteggiare l’ira di un adulto, più la paura sarà grande e la decisione categorica.



2. Incapacità di rispondere allo stress. Minore è l’età del bambino, minore sarà la quantità d’ansia che è in grado di controllare  a seguito di una situazione stressante. E’ un principio fisiologico. Il sistema nervoso di un bambino  non è predisposto a sopportare un carico pesante e può andare in corto circuito. Forse non ricorderà i dettagli di quella situazione, ma ne conserverà una inspiegabile sensazione di paura.



3. Immaturità del pensiero logico. Il bambino in tenera età non è capace di pensare logicamente. Il suo pensiero è grandioso, intuitivo, magico e con una cognizione confusa del tempo. Ciò che gli accade può essere esagerato, generalizzato, terribile, per sempre.



4.Mancanza di informazioni. Fino all’età di tre, quattro anni, i genitori sono la principale fonte di informazioni per il bambino. A volte i genitori per proteggerlo scelgono di non informarlo su qualcosa che è accaduto. Per  esempio non parlargli della morte quando la famiglia ne è toccata. O non dargli spiegazioni sul perché la mamma è arrabbiata, che magari ha discusso col babbo. Per non turbarlo non si danno spiegazioni e magari il bambino crede che la mamma sia arrabbiata con lui o che lui sia stato la causa del diverbio tra la mamma e il babbo.



5.Mancanza di alternative. Se un bambino sta male a casa sua o con i suoi genitori, non può scegliere di andarsene e trovarsi  una casa o dei genitori diversi. È costretto a cercare un modo per sopravvivere ai suoi disagi dov’è.

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