“L’archetipo della Madre
si riferisce a una immagine della figura materna a cui la madre reale viene
assimilata nella psiche individuale. Tale archetipo viene proiettato sulla
madre concreta, attribuendole potenza e fascino. Il prototipo di madre ereditato
dal bambino influenza in maniera determinante l’idea che egli si formerà della
propria madre. L’immagine primordiale della madre si manifesta sotto molte
forme, ad esempio la “vecchia saggia” o la “dea della fecondità”, nel suo lato
positivo, la “strega” o la “madre terribile” in quello negativo. Come tutti gli
archetipi, infatti, la Madre presenta aspetti di luce e di ombra.” (Carl
Gustav Jung)
Nello stereotipo della Madre la possibilità che essa
presenti un aspetto di ombra, è piuttosto inaccettabile. Ma in realtà, quasi
tutte le madri fanno o hanno fatto esperienza della proprio aspetto di ombra,
magari negandoselo, e quasi tutti i figli e le figlie fanno o hanno fatto
esperienza della “madre terribile”.
L’accettazione
del proprio e dell’altrui lato oscuro è una delle pratiche di vita più
difficili. Non si tratta di vedere o vedersi i difetti, le mancanze, le
incompetenze - attività nelle quali
siamo spesso fin troppo capaci. Non si tratta di rammaricarsi o irritarsi per
il proprio o per l’altrui “caratteraccio”.
Dice James
Hillman:
“…dobbiamo guardare nello specchio della
nostra vita. L’immagine visibile rende manifesta la verità interiore, sicché,
nel giudicare gli altri, quello che vediamo è ciò che ci verrà restituito.
Diventa perciò estremamente importante vedere
generosamente, o ci ritroveremo con ben poca cosa; vedere acutamente, in modo da
distinguere i vari tratti, anziché una massa generalizzata; e vedere profondamente, dentro le ombre
scure, o rimarremo ingannati.”
Ecco, si
tratta di accettare che siamo come la luna, abbiamo un lato oscuro
che non possiamo vedere. A meno che non
accettiamo di rinunciare alle illusioni. Lasciar andare l’illusione di un sé
separato dagli altri e dal resto: forse vedremo generosamente. Abbandonare l’illusione che la realtà sia quella
che noi vediamo guardandola distrattamente, en passant: forse vedremo
acutamente. Rinunciare all’illusione che, guardando solo il lato in luce, possiamo conoscere quanto basta di noi, degli
altri e del resto: forse vedremo
profondamente.
E il nostro
lato oscuro e il lato oscuro dell’altro si illumineranno, all’inizio suscitando
in noi forse compassione o forse il desiderio di sottrarci, ma poi ci
abbandoneremo al piacere della consapevolezza e della scoperta di cose
inaspettate, che temevamo brutte o addirittura
pericolose, ma delle quali vedremo invece il senso e lo scopo.
Forse
qualche volta avremo nostalgia delle illusioni svanite, ma ci
consoleremo, godendo della nostra interezza e apprezzando l’interezza,
diversa, dell’altro.
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